mercoledì 10 febbraio 2010

Divina Commedia

Sapete, se c'è una cosa che non sopporto, è quando la gente imita qualcuno che sa fare bene qualcosa.
Non so, tipo il ragazzo A che imita il ragazzo B perché B sa scrivere bene. E allora A fa di tutto, copia e stracopia termini punteggiatura e roba varia affinché, prima o poi, si senta dire "bravo".
Io penso che, forse, in questi casi sarebbe giusto dirlo, perché lo stile più bello di scrittura è quello che ha ognuno di noi. Lo stile personale di esprimere le cose. Che poi possono essere espresse in un modo che colpisce o meno la gente, ma vengono espresse. Così come le si pensano. Poi oh, lì ci sono tante altre variabili che intervengono, come la bravura dello scrittore e le emozioni che riesce a descrivere con le parole.

Ieri mi sono ritrovato a studiare il I canto del Paradiso della Divina Commedia.
Nello stesso momento ho avuto due atteggiamenti diversi: quello dello studente e quello del lettore.
Quello dello studente beh, si sa, è della serie "ma quando finisce? ma che palle!". E' inutile descrivere questo atteggiamento perché, alla fine, lo conosciamo tutti.
Quello del lettore è stato invece in netta contrapposizione con il precedente comportamento. In un momento mi sono ritrovato a leggere quei versi come se fosse il libro che ho comprato la mattina in libreria. Insomma, me lo sono goduto. Oh, ho scoperto che la Divina Commedia è un capolavoro. Ed è impensabile che una persona sia così intelligente, colta, preparata e con una fantasia immane come Dante. Ieri mi è venuta voglia di leggere di nuovo quel canto, dall'inizio, e di farlo veramente mio.
Per la prima volta la divisione in sequenze, i significati delle parole, i segni con la matita li ho fatti io personalmente, e non io studente. E vi assicuro che è stato uno dei momenti che mi ha gratificato di più, ieri.
Forse è proprio questo il problema della Scuola italiana. Non metodi di valutazione, riforme, licei, istituti, soldi e tutta la manfrina di cui si parla ogni santissimo giorno in televisione.
La Scuola dovrebbe concentrarsi di più sul trapasso di nozioni alunno-professore. Dovrebbe far capire che la Divina Commedia o qualsiasi altra cosa non va studiata. Ma va letta.
Perché se io leggo un libro per fatti miei e non capisco una frase, io quella frase la rileggo, fino a quando non la capisco.
Ma forse queste sono parole che hanno detto milioni di persone e io sono solo uno dei tanti che s'aggiunge in coda ma che successivamente diventerà corpo.
Ah, e comunque mi piacerebbe saper commentare la Divina Commedia come Benigni. Ma ve lo giuro, non lo copierò.


1 commento:

  1. sei proprio fantastico!
    e anche sulla mia lunghezza d'onda...
    è esattamente quello che penso io della scuola... quella di ogni giorno in aula...
    e di ciò che a scuola si impara... troppo nozionisticamente... quando spiego Manzoni in quinta, p.e., parlo ai miei studenti increduli e scettici (per averlo "subito" al biennio) del suo più celebre romanzo come della straordinaria storia d'amore che è...
    grazie per le tue riflessioni!

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